Il sushi NON è sempre un piatto healthy

il sushi non è sempre un piatto healthy

Tra gli alimenti di tendenza considerati “healthy” un posto d’onore è riservato al sushi.  Tuttavia, benché a base di riso e pesce fresco, noti per essere alimenti sani, questa pietanza in realtà non è sempre salutare come si possa credere. Ma che cos’è il sushi, che storia ha, e perché potrebbe non essere sempre un alimento “healthy”?

Sushi: definizione, storia e diffusione

Esistono ancora diverse definizioni attribuite al sushi, e la prima riconosciuta nel mondo occidentale coincide con “rotoli di pesce crudo e pochi altri ingredienti avvolti intorno a riso bianco” (1).
In realtà, nonostante questa sia la forma che oggi attribuiamo a questo alimento, la sua origine risale alle necessità di conservazione di un tempo ormai lontano. Le sue origini, infatti, risalgono al IV secolo in Cina, dove il pesce salato veniva messo per la prima volta nel riso cotto, il che faceva sì che il pesce subisse un processo di fermentazione. Quest’ultima consentiva dei tempi di conservazione superiori, e così si diffuse l’idea di usare il riso acetato e fermentato come conservante (2).
In Giappone questa pietanza si diffuse nel IX secolo con una rapidità tale da diventare alimento tradizionale in poco tempo. Oggi, è un alimento diffuso a livello mondiale e le moderne tecnologie di conservazione hanno portato ad abbandonare i sistemi di conservazione passati lasciando spazio alle basse temperature.

Sushi: caratteristiche “generali”

Definire nutrizionalmente il sushi non è cosa semplice. Ogni Paese ha una storia gastronomica che ha portato alla maturazione di gusti differenti; dunque, per rispettare i gusti locali, le cucine non tradizionali ed esotiche sono state rimaneggiate e adattate alle preferenze del luogo, spesso “snaturalizzandosi”.
Il sushi ne è un perfetto esempio: possono essere infatti rotoli di semplice riso e pesce, con verdure, oppure arricchiti con salse caloriche (come maionese o crema di formaggio), possono essere fritti, conditi, speziati, fusion, etc.
Nonostante questa varietà, è comunque possibile delineare delle caratteristiche che accomunano la preparazione del sushi a livello mondiale, ovvero che:
– tra le varietà di riso consigliate spicca soprattutto la sottospecie Japonica (Oryza sativa L. subsp. japonica) (3);
– al riso cotto vengono generalmente aggiunti aceto di riso (che fornisce il gusto), zucchero e sale (che bilanciano l’acidità dell’aceto) (4).
–  il topping più usato prevede pesce crudo (1).

Sushi: perché potrebbe non essere così “healthy”?

Zucchero
Alla base del sushi vi è generalmente il riso. Quest’ultimo è un cereale composto da carboidrati (~77%), grassi (~2%), proteine (~8%) e acqua (~12%) (5) e, di per sé, è un alimento che può essere considerato sano, seppur caratterizzato da un indice glicemico elevato (6). Tuttavia, a questo alimento vengono aggiunti sia sale che zucchero, i cui effetti sulla salute sono ormai noti. Sapendo che secondo l’OMS è opportuno limitare il consumo di zuccheri liberi a non più del 10% dell’apporto calorico giornaliero (7) e che in una porzione da 8 pezzi di sushi vi siano in media circa 9,5 g di zucchero, è facile capire come questo alimento partecipi negativamente all’assunzione di zuccheri nella dieta.

Sale e coloranti
Non bisogna dimenticare il sale: è infatti importante tenere a mente che il sushi, oltre ad avere sale addizionato alla preparazione del riso, viene abitualmente intinto nella salsa di soia, caratterizzata dall’avere circa 17 g di sale su 100 ml di prodotto.
Altro condimento frequentemente usato è il wasabi e può capitare che, quello che viene venduto confezionato e dal colore verde brillante, possa non essere realmente wasabi ma la radice cui è stato addizionato del colorante alimentare, tra cui l’E110, i cui effetti sulla salute sono stati discussi più volte (8).

Freschezza del prodotto
Anche se non ci sono molte informazioni sul possibile ruolo dell’aceto a parte quello di dare acidità, è stato riportato che l’aggiunta di acidi come l’acido ascorbico, l’aceto di riso o i succhi di frutta all’acqua di cottura eliminano i cambiamenti indesiderati nella consistenza del riso cotto invecchiato, ripristinando la freschezza (9). Questo potrebbe essere “problematico” poiché grazie alle proprietà dell’aceto, i ristoratori potrebbero proporre un prodotto non realmente fresco.
A proposito di freschezza, è importante sottolineare anche quella del pesce, un alleato della salute in quanto fonte di grassi “buoni” e proteine ma potenzialmente dannoso se non correttamente conservato.
Uno studio condotto in Norvegia, ad esempio, ha rilevato il batterio mesofilo Aeromonas spp nel 71% di 58 campioni esaminati (10). Questo batterio è noto per causare problemi gastrointestinali, infezioni della pelle e dei tessuti molli. I ricercatori hanno scoperto che, probabilmente, è stato lo scarso controllo della temperatura durante il trasporto tra la fabbrica e il negozio il problema principale lungo la filiera.
La scelta di un topping crudo come le verdure, inoltre, se le condizioni di conservazione non sono ideali, potrebbe portare a contaminazione crociata aggravando ulteriormente la situazione.

Topping
Ultima ma non ultima la scelta del topping. Qui è abbastanza semplice: se vengono scelti dei piatti semplici composti da una base di pesce crudo e poco altro, oltre a quanto riportato sopra, il prodotto non dovrebbe essere “unhealthy”. Preparazioni più complesse ricche di salse o fritte, invece, aumentano notevolmente l’apporto calorico.

In ragione di quanto affermato, è facile capire come il sushi, se non scelto attentamente, non è un alimento così healthy come viene generalmente reputato.
È importante dunque saper scegliere accuratamente il locale dove si consuma e pietanze non eccessivamente “pasticciate”. Bisogna considerare la freschezza dei prodotti ed è inoltre possibile seguire alcuni accorgimenti per avere la sicurezza di star mangiando un alimento davvero healthy:
– Si potrebbe optare per il sashimi, privo di salse extra e senza riso condito di accompagnamento;
– Si potrebbe limitare il quantitativo di soia o preferire delle alternative come, ad esempio, gli amminoacidi derivanti dal cocco;
– Si potrebbe scegliere sushi a base di riso integrale;
– Infine, si potrebbe provare a fare una versione casalinga, così da godersi un buon piatto con la sicurezza di sapere esattamente quello che si sta mangiando.

1. Toratani, K. (2022). loanword sushi in English. The Language of Food in Japanese: Cognitive perspectives and beyond, 25, 161.
2. Rath, E. C. (2021). Oishii: The History of Sushi. Reaktion Books.
3. Hong, Y.-J., Lee, J.-H., Oh, S.-K., Yoon, M.-R., Choi, I.-S., Park, J.-H., … Kim, C.-K. (2012). Caratteristiche qualitative delle varietà di riso adatte al sushi. GIORNALE COREANO DI SCIENZA DEL RACCOLTO, 57 (4), 436–440. https://doi.org/10.7740/KJCS.2012.57.4.436
4. Molina, C. N., Garzón, R., & Rosell, C. M. (2022). Unraveling seasonings impact on cooked rice quality: Technological and nutritional implications for sushi. Journal of Cereal Science, 104, 103442.
5. Repaci, E., Allieri, F., & Rondanelli, M. QUALITÀ NUTRIZIONALI DEL RISO E CONFRONTO CON GLI ALTRI CEREALI Nutritional aspects of rice and comparison with other cereals. SEMINARIO RISO, 112.
6. Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (2019). Dossier Scientifico delle Linee Guida per una sana alimentazione (Edizione 2018).
7. World Health Organization. (2015). Guideline: sugars intake for adults and children. World Health Organization.
8. EFSA Panel on Food Additives and Nutrient Sources added to Food (ANS). (2014). Reconsideration of the temporary ADI and refined exposure assessment for Sunset Yellow FCF (E 110). EFSA Journal, 12(7), 3765.
9. Ghasemi, E., Mosavian, M. H., & Khodaparast, M. H. (2008). The effect of acetic and lactic acid on the oil uptake, texture and color of rice (Sang Tarom) during cooking. World Applied Sciences Journal, 4(2), 183-187.
10. Hoel, S., Mehli, L., Bruheim, T., Vadstein, O., & Jakobsen, A. N. (2015). Assessment of microbiological quality of retail fresh sushi from selected sources in Norway. Journal of food protection, 78(5), 977–982. https://doi.org/10.4315/0362-028X.JFP-14-480.