Alimenti ultra-processati, deficit di memoria e acido docosaesaenoico: quale il nesso?

dieta e cervello

Seguire una dieta a base di alimenti ultra-processati potrebbe causare deficit di memoria e così concorrere alla progressione di malattie neurodegenerative. Questo è ciò che rivela uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Brain, Behavior and Immunity nel quale i ricercatori sono riusciti a dimostrare su un modello murino anche quanto sia funzionale limitare queste possibili complicazioni incrementando il consumo di alimenti ricchi in acido docosaesaenoico (DHA), in grado di ridurre gli effetti infiammatori scatenati da una dieta poco sana.

Nel campione di topi sono stati identificati inizialmente i soggetti “giovani” e “anziani” (rispettivamente di 3 mesi e 1 anno). Entrambi hanno superato un periodo di adattamento alle condizioni sperimentali di 1 settimana e, successivamente, sono stati assegnati in modo casuale a 3 diversi regimi dietetici: Il gruppo di controllo ha continuato a consumare il suo pasto regolare (3 kcal/giorno di cui 32 % proteine, 54% carboidrati complessi derivati da grano macinato e 14% grassi). Il gruppo “dieta a base di alimenti ultraprocessati” (PD) ha seguito una dieta personalizzata per imitare il consumo di alimenti ultra-processati (3,8 kcal di cui 19,6% proteine, 63,3%carboidrati raffinati da amido di mais, maltodestrine e saccarosioe 17,1% grassi).L’ultimo gruppo, infine, ha seguito il regime alimentare del gruppo PD al quale è stato aggiunto l’equivalente di 1% di acido docosaesaenoico in peso (dieta PD + DHA).
I topi sono stati alimentati con le rispettive diete ad libitum per 28 giorni e il loro peso è stato misurato all’inizio dell’esperimento (giovani = 300 g; anziani = 500 g) e poi due volte a settimana fino alla fine dello studio.

Dopo aver sottoposto i gruppi a prove sperimentali, tra cui stimoli fisici di paura ippocampo-dipendenti e stimoli uditivi di paura agenti sull’amigdala, i ricercatori hanno raccolto i campioni tissutali per l’analisi genica.
A seguito di quest’ultima, è stato possibile osservare come l’attivazione dei geni associati ai marcatori infiammatori fosse significativamente più elevata nei topi anziani sottoposti a PD piuttosto che nei giovani esemplari (considerando ogni regime dietetico) e nei topi più anziani che seguivano una dieta integrata con DHA. Anche i test comportamentali hanno mostrato significativi risultati negli esemplari sottoposti alla dieta PD, in quanto dopo essere stati messi in uno spazio già noto e dove precedentemente era stato sollecitato lo stimolo della paura, gli esemplari più anziani non erano in grado di associare il luogo con l’emozione provata poco prima.

Questi risultati confermano dunque su modelli animali sia che le diete a base di alimenti processati hanno non poche ripercussioni a livello cerebrale,sia come l’acido docosaesaenoico (di solito presente in pesce e frutti di mare) tra le sue molteplici funzioni, concorra nel respingere la risposta infiammatoria a carico del cervello. L’alimentazione ad libitum, tuttavia, non ha dato modo di capire la quantità minima necessaria di DHA in grado di contrastare gli effetti sul cervello.

Questo, in ogni caso, non dovrebbe essere il focus principale, come confermato anche dai ricercatori dello studio, in quanto l’obiettivo finale non si allinea con la ricerca di sistemi in grado di tamponare gli effetti negativi della dieta quanto invece con la volontà di risolvere il problema alla radice, optando per un’alimentazione il più possibile sana e variegata con prevalenza di prodotti semplici e freschi.  

1. Butler, M. J., Deems, N. P., Muscat, S., Butt, C. M., Belury, M. A., & Barrientos, R. M. (2021). Dietary DHA prevents cognitive impairment and inflammatory gene expression in aged male rats fed a diet enriched with refined carbohydrates. Brain, Behavior, and Immunity, 98, 198-209