Scegliere le fonti proteiche: in una dieta ‘veg’, una vale l’altra?

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Tra le motivazioni che spingono molti consumatori a intraprendere diete di stampo ‘vegetale’ vi è sicuramente la salute: le diete con elevato consumo di proteine vegetali sono state associate a numerosi benefici, sebbene questi potrebbero dipendere dal pattern proteico scelto (1). Un gruppo di ricercatori francesi ha condotto uno studio, pubblicato su The Journal of Nutrition, proprio per valutare l’impatto della varietà sull’adeguatezza nutrizionale della dieta nei modelli alimentari a prevalenza vegetale (1).

Secondo la FAO, per sopperire alla domanda globale la produzione alimentare dovrà aumentare almeno del 60% entro il 2050, parallelamente è fondamentale che questa produzione sia sostenibile dal punto di vista ambientale (2). In quest’ottica, una modifica delle abitudini alimentari a favore dell’aumento di alimenti di origine vegetale è auspicabile (2). Le stesse linee guida italiane, nel contesto della dieta Mediterranea, consigliano un maggior consumo di alimenti di origine vegetale, data anche l’associazione a un minor rischio di malattie croniche (3).

I ricercatori hanno condotto uno studio osservazionale su 1341 soggetti appartenenti alla coorte francese INCA3 (Third Individual and National Study on Food Consumption). La rilevazione dell’apporto nutrizionale è stata effettuata mediante 3 recall delle 24 ore non consecutivi, svolti nell’arco di 3 settimane (1). Per ogni soggetto è stato calcolato il Probability of Adequate Nutrient Intake (PANDiet) score, ovvero un punteggio (da 0 a 100) funzione della qualità della dieta; in particolare il PANDiet sfrutta a sua volta 2 indicatori, Adequacy Subscore (AS) e Moderation Subscore (MS), il primo utile a valutare l’adeguatezza dell’intake di 28 nutrienti rispetto a un valore minimo di riferimento, il secondo utile a valutare l’adeguatezza dell’intake di 6 nutrienti rispetto un valore massimo di riferimento. Maggiore è il PANDiet score migliore è l’adeguatezza nutrizionale del soggetto (1).

Per l’analisi dei risultati, sono stati considerati “alimenti proteici” quelli che rispondevano a 2 criteri: le proteine presenti forniscono più del 10% dell’apporto calorico dell’alimento e forniscono più di 5 g di proteine, considerando la porzione consumata (1).

Dai dati del recall è emerso che le proteine animali coprivano il 67% dell’apporto proteico totale della coorte, con in testa la carne rossa (circa 1/4 dell’apporto proteico da proteine animali). Tra le proteine vegetali, invece, i cereali contribuivano per circa i 2/3.

La qualità globale della dieta era solo debolmente associata alla varietà globale della dieta e alla varietà proteica, ma fortemente associata alla varietà proteica vegetale (1). In generale la varietà delle fonti proteiche vegetali nella coorte è risultata bassa, con un’assunzione basata prevalentemente su cereali, appunto, e meno marcata all’aumentare della presenza di proteine vegetali nella dieta (1).   

I ricercatori hanno inoltre simulato la sostituzione degli alimenti proteici di origine animale (APF) con alimenti proteici di origine vegetale (PPF) di pari contenuto calorico.

In un primo modello, gli APF sono stati sostituiti con mix di PPF composti basandosi sulle medie di consumo osservate nella popolazione, nel secondo sono state proposte combinazioni di PPF nelle quali la proporzione di cereali raffinati veniva ridotta del 20% e aumentava la varietà proposta (1).  

Questa seconda analisi ha permesso di osservare come la riduzione delle proteine di origine animale migliorasse il Moderation Subscore a prescindere dalle fonti proteiche vegetali scelte, ma peggiorasse invece l’Adequacy Subscore a meno di diversificare moltissimo le fonti proteiche vegetali (1).  

Non necessariamente la transizione verso un modello dietetico più ‘vegetale’ migliora l’adeguatezza nutrizionale di una dieta: più ci si avvicina a una simile dieta, più risulta fondamentale garantire un’elevata varietà delle fonti proteiche scelte, avendo cura di diversificare e includere ad esempio anche legumi, noci, semi e verdure.

  1. Salomé, M., de Gavelle, E., Dufour, A., Dubuisson, C., Volatier, J. L., Fouillet, H., … & Mariotti, F. (2020). Plant-Protein Diversity Is Critical to Ensuring the Nutritional Adequacy of Diets When Replacing Animal With Plant Protein: Observed and Modeled Diets of French Adults (INCA3). The Journal of Nutrition, 150(3), 536-545.
  2. Gerber, P. J., Steinfeld, H., Henderson, B., Mottet, A., Opio, C., Dijkman, J., … & Tempio, G. (2013). Tackling climate change through livestock: a global assessment of emissions and mitigation opportunities. Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO).
  3. Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (2019). Linee Guida per una sana alimentazione (Edizione 2018).