Le patate sono un alimento che non manca mai nella dispensa. Economiche, senza glutine, facili da preparare e versatili, sono tra i vegetali preferiti anche dai bambini.
I tuberi, reperibili tutto l’anno, sono una buona fonte di energia principalmente derivante da carboidrati. Apportano 85 kcal ogni 100 g e contengono 17,9 g di carboidrati, in particolare amido (15,9 g). Secondo i Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana (LARN) la porzione consigliata è di 200 g.
Dal purè, alla frittura, passando per la bollitura: le patate possono essere ricettate e consumate in tantissimi modi differenti, senza buttare via niente, e questo le rende degli ingredienti ideali per una cucina no waste.
Ma come possono essere alleate “anti-spreco”?
Le patate cotte il giorno prima: comode, salubri e retrogradate
In un periodo in cui l’attenzione allo spreco alimentare cresce sempre di più e il tempo per cucinare è sempre meno, poter optare per un contorno di patate già pronto può essere una buona idea.
Secondo la Food and Agriculture Organization (Fao) vengono sprecate ogni anno 1.3-1.6 miliardi di tonnellate di cibo commestibile, ovvero almeno 1/3 di quello prodotto, mentre la Commissione Europea stima uno spreco alimentare annuo di 89 milioni di tonnellate (179 kg per ogni cittadino). In ottica di consumi più sostenibili a spreco zero -secondo gli obiettivi dell’Agenda 2030– la vicina Spagna ha annunciato una nuova legge, in vigore dal 2023, che prevede multe salate per chi cestina prodotti alimentari.
Le patate cotte il giorno prima sono tossiche?
Sembrerebbe di no: le patate cotte e conservate in frigo restano salubri e commestibili anche il giorno dopo.
Capita di notare talvolta un imbrunimento nelle patate cotte e conservate, che acquisiscono tonalità tendenti al grigio ma senza evidenti modifiche da un punto di vista gustativo e nutrizionale.
Tale cambiamento è frutto di una normale reazione chimica di ossidazione tra ferro e acido clorogenico, sostanza fenolica presente nell’alimento che ne denota proprietà protettive nei confronti di organismi patogeni per la pianta.
Non tutte le patate imbruniscono allo stesso modo. Il primo fattore a influire sulla reazione è il metodo di conservazione, che espone più o meno le patate all’ossigeno. Anche il contenuto di ferro, il cui quantitativo dipende dal terreno colturale, e quello di acido clorogenico, che varia a seconda della cultivar, sono elementi determinanti (1).
Le patate retrogradate, ridotto indice glicemico e amiche dell’intestino
Le patate all’interno di una sana alimentazione vengono talvolta malviste per il loro alto indice glicemico. L’opzione di consumarle il giorno dopo può avere vantaggi da un punto di vista nutrizionale, grazie alla retrogradazione degli amidi presenti.
Con la cottura gli amidi diventano più digeribili: amilosio e amilopectina perdono la loro struttura cristallina e gelatinizzano, formando legami con le molecole di acqua, così che gli enzimi digestivi scindano l’amido in catene sempre più piccole, fino al glucosio (2).
Attraverso il raffreddamento a 4C°, seguito da un secondo momento di conservazione a temperatura ambiente (25°C) si favorisce il ripristino della struttura ordinata e cristallina di almeno il 10% dell’amido dell’alimento. Il risultato è una struttura intermedia rigida, dovuta al riarrangiamento delle catene di amilosio e di amilopectina, definita amido resistente. Tale struttura è un carboidrato non completamente digeribile dagli enzimi umani, che risulta a ridotto indice glicemico e di nutrimento per il microbiota (3).
Accortezze nello stoccaggio pre-cottura
Esistono metodologie di conservazione pre-cottura che influenzano la shelf-life e la salubrità delle patate. È importante non consumare patate con germogli, colorazione verde e buccia rugosa. Queste contengono una maggiore concentrazione di solanina, una sostanza tossica della famiglia dei glicoalcaloidi, noti composti “anti nutrizionali”, capaci di indurre vomito, diarrea e tachicardia.
Considerato ciò, EFSA ha stabilito il livello più basso di effetti avversi osservati pari a 1 milligrammo per chilogrammo di peso corporeo al giorno (4).
Per rallentare tale processo di decadimento è importante che lo stoccaggio avvenga lontano da luce, umidità e da altri alimenti. Ad esempio, è solito conservare cipolle e patate vicine in dispensa, tuttavia questa metodologia si rivela controproducente nell’ottimizzazione della shelf-life (5).
Il trattamento e la cottura delle patate possono ridurre la concentrazione di glicoalcaloidi nel prodotto finale. Ad esempio:
- sbucciale può ridurne il contenuto del 25-75%;
- bollirle può ridurne il contenuto in acqua del 5-65%;
- friggerle in olio può ridurne il contenuto del 20-90% (4).
Infine, nonostante sia ormai risaputo, le patate crude non devono essere refrigerate. Le basse temperatura incrementano il contenuto di zuccheri liberi, aumentando il rischio di formazione di acrilammide in cottura (6).
- Istituto Superiore di Sanità (ISS)
- Linee Guida per una Sana Alimentazione. Crea
- Chang, Q., Zheng, B., Zhang, Y., & Zeng, H. (2021). A comprehensive review of the factors influencing the formation of retrograded starch. International Journal of Biological Macromolecules, 186, 163-173.
- Risk assessment of glycoalkaloids in feed and food, in particular in potatoes and potato‐derived products (2020) EFSA
- Sinha, R., Khot, L. R., Schroeder, B. K., & Sankaran, S. (2018). FAIMS based volatile fingerprinting for real-time postharvest storage infections detection in stored potatoes and onions. Postharvest Biology and Technology, 135, 83-92.
- Le patate possono contenere sostanze cancerogene? (2022)AIRC