Obesità: la causa principale è quanto o cosa mangiamo? Due modelli a confronto

modello dei carboidrati-insulina vs dispendio energetico

Limitare l’assunzione di energia quando si consuma una dieta ad alto carico glicemico non riduce la predisposizione all’accumulo di grasso né diminuisce la fame durante la dieta. Anzi, riducendo ulteriormente la disponibilità di “carburante metabolico”, la fame aumenta e la spesa energetica può diminuire. Secondo il modello dei carboidrati-insulina (CIM), in opposizione al tradizionale modello del bilancio energetico (EBM), la causa principale che determina una condizione di obesità è principalmente ciò che viene mangiato piuttosto che la sua quantità. Questa differente prospettiva è stata recentemente pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition e sovverte il principio secondo cui l’iperalimentazione sia la causa principale dell’obesità.

Poiché l’obesità è un fenomeno che non mostra rallentamenti, secondo questo studio è importante valutare altre strategie di intervento, considerando non solo la quantità calorica assunta quanto l’impatto che determinati alimenti possono avere nell’influenzare ormoni e metabolismo. A tal proposito il Dr. David Ludwig, autore principale dello studio così argomenta: ” Ridurre il consumo dei carboidrati rapidamente digeribili che hanno inondato l’offerta alimentare durante l’era della dieta a basso contenuto di grassi, diminuisce la spinta sottostante ad immagazzinare il grasso corporeo. Di conseguenza, le persone possono perdere peso con meno fame e fatica”.

Il modello “tradizionale”: il modello del dispendio energetico

Il modello dominante del dispendio energetico (EBM) considera l’aumento di assunzione di alimenti, in particolare alimenti processati e densi di energia, come fattore determinante del bilancio energetico positivo, con conseguente deposito di grasso. In generale è il modello che viene considerato nella redazione delle raccomandazioni nazionali e internazionali, tanto che anche le Linee Guida USDA 2020-2025 rincarano la necessità di ridurre l’apporto calorico e di incrementare l’attività fisica per ottenere una perdita di peso. Questo modello altresì considera le calorie metabolicamente uguali, concentrando i trattamenti dietetici su strategie comportamentali per ridurre l’assunzione di energia. Nel EBM non vengono considerate infatti le interazioni tra sistema nervoso e sistema endocrino così come la regolazione che questi ultimi esercitano sui meccanismi dell’omeostasi energetica, trascurando i processi fisiologici che ostacolano la perdita di peso.

Nuove prospettive? il modello dei carboidrati insulina

Nel modello dei carboidrati-insulina (CIM), il nesso di causalità canonico sembra essere ribaltato: l’aumento di peso non dipende dall’eccesso di calorie assunte quanto invece è esso stesso causa di un apporto energetico eccessivo.
I carboidrati rapidamente digeribili, agendo attraverso l’insulina e altri ormoni, causano una maggiore deposizione di grasso, e quindi guidano un bilancio energetico positivo. In altre parole, quando assumiamo carboidrati altamente disponibili, il corpo aumenta la secrezione di insulina e sopprime quella di glucagone. Questo, a sua volta, segnala alle cellule di grasso di immagazzinare più calorie, lasciando meno calorie disponibili per alimentare i muscoli e altri tessuti metabolicamente attivi. Il cervello percepisce che il corpo non sta ricevendo abbastanza energia, il che, a sua volta, porta a sensazioni di fame. Inoltre, il metabolismo può rallentare nel tentativo del corpo di conservare il “carburante”. Così, tendiamo a rimanere affamati, anche se continuiamo a guadagnare grasso in eccesso.
Oltre a considerare il carico glicemico degli alimenti, il CIM pone le basi per capire che ruolo possono avere i diversi componenti nella dieta (ad esempio fruttosio, proteine, tipologie di acidi grassi, fibre e ordine degli alimenti consumati durante i pasti),  i fattori comportamentali legati al pasto (come il tempo di consumo) e le esposizioni ambientali (interferenti endocrini) nell’influenzare il peso corporeo attraverso meccanismi associati quali resistenza muscolare all’insulina, infiammazioni, modifiche epigenetiche.
Il modello dei carboidrati-insulina ha la volontà non solo di esplorare nuove frontiere e prospettive per ridurre l’incidenza del fenomeno dell’obesità ma anche di stimolare un nuovo dibattito nella progettazione delle ricerche future.

  1. Ludwig, D. S., Aronne, L. J., Astrup, A., de Cabo, R., Cantley, L. C., Friedman, M. I., … & Ebbeling, C. B. (2021). The carbohydrate-insulin model: a physiological perspective on the obesity pandemic. The American journal of clinical nutrition.