Molte delle donne che si trovano ad affrontare un’infezione causata dalla Candida sono convinte che tra le soluzioni principali per debellare questo fastidioso problema vi sia l’eliminazione degli zuccheri dalla propria dieta per periodi più meno prolungati, ma è davvero la strada giusta da percorrere?
La candida è un lievito che in condizioni di equilibrio colonizza le mucose del nostro organismo (intestinale, vaginale e orofaringea) senza complicazioni. Tuttavia, questi lieviti sono classificati come patogeni opportunisti, ovvero patogeni in specifiche condizioni: tra queste, cali dei sistemi di difesa specifici (sistema immunitario) e non specifici (come squilibri nella flora lattobacillare, o flora dei Lattobacilli che creano un biofilm protettivo) che portando a condizioni di disbiosi, ne alimentano la virulenza (1).
Nella maggior parte dei casi le infezioni vengono ricondotte alla subspecies Candida albicans e la forma più diffusa sembra essere quella vaginale: approssimativamente si stima che ¾ di tutte le donne abbia sperimentato un episodio di candida vulvovaginale almeno una volta nella vita e che il 5-10% di loro sia andato incontro a recidive (2). La candidosi intestinale invece è un fenomeno decisamente meno frequente e spesso dipendente, oltre che da disbiosi, da problematiche maggiori come stati immunodepressivi a seguito di operazioni invasive o malattie come l’aids.
Tra le varie strategie messe in atto per arginare il problema, la comunità scientifica ha cercato risposte anche nelle scienze della nutrizione e dell’alimentazione umana, ipotizzando, nella maggior parte dei casi, un nesso imprescindibile ma, in realtà, non dimostrato da evidenze significative, tra rimozione degli zuccheri dalla dieta ed eliminazione della candidosi (2). Ma quali sono i limiti principali di questa associazione?
L’eliminazione degli zuccheri dalla dieta ha mostrato dei risultati non esaustivi ma abbastanza convincenti nei casi di disbiosi intestinale; al contrario non vi sono evidenze chiare per quel che riguarda la disbiosi vaginale (3). Oltretutto, non esiste un collegamento diretto tra apparato digerente e canale vaginale, quindi il passaggio degli zuccheri che assumiamo con l’alimentazione dall’intestino alla vagina, sede in cui “nutrono” la Candida, non è una spiegazione logica.
In secondo luogo, decidere di eliminare lo zucchero dalla dieta perché “la Candida se ne nutre” è un concetto riduttivo. Molti microorganismi utilizzano lo zucchero che deriva dal metabolismo degli alimenti per sopravvivere. Il glucosio, tra le altre cose, si trova non solo nei carboidrati semplici (o quelli comunemente chiamati zuccheri) ma anche nei carboidrati complessi, tra cui cereali e alimenti amidacei spesso validi alleati di una sana alimentazione. Inoltre, il processo di digestione dei carboidrati complessi che avviene nell’apparato digerente prevede che tutti siano ridotti nei singoli monosaccaridi (zuccheri) per poi essere assorbiti nell’intestino ed entrare in circolo. E, ancora, il nostro organismo, in caso di necessità, è in grado di sintetizzare glucosio (la fonte energetica per eccellenza) anche a partire da altri nutrienti come grassi e proteine.
Spesso inoltre viene suggerito di eliminare non solo gli zuccheri semplici ma anche i carboidrati complessi, che come anticipato sono fondamentali per una sana alimentazione e dovrebbero apportare il 45-60% dell’energia totale. L’eliminazione di questi è legata al fatto che spesso gli alimenti che ne sono fonte subiscono dei processi di lievitazione con ausilio di microorganismi, tra cui il lievito di birra, che, secondo quanto si legge in rete, potrebbero ulteriormente intervenire nel processo di proliferazione della Candida. Anche in questo caso non vi sono evidenze sul fatto che introdurre altri lieviti alimenti la proliferazione della Candida (4).
Ciò non toglie ovviamente che la corretta alimentazione sia un fattore fondamentale per un buono stato di salute e che in generale limitare l’assunzione di zuccheri liberi, ovvero zuccheri naturalmente presenti in miele, sciroppi, succhi di frutta e succhi di frutta concentrati e zuccheri aggiunti, a meno del 10% dell’energia (se possibile anche al 5%) sia una raccomandazione sempre valida per la salute dell’organismo, a prescindere.
Per quel che riguarda la candidosi, ad oggi i trattamenti più efficaci mirano principalmente a eliminare il patogeno tramite una terapia antimicotica e a prevenire la ricolonizzazione tramite l’ausilio di probiotici (in loco) (1)(5)(6).
1. Pappas, P. G., Kauffman, C. A., Andes, D. R., Clancy, C. J., Marr, K. A., Ostrosky-Zeichner, L., … & Sobel, J. D. (2016). Clinical practice guideline for the management of candidiasis: 2016 update by the Infectious Diseases Society of America. Clinical Infectious Diseases, 62(4), e1-e50.
2. Mårdh, P. A., Rodrigues, A. G., Genç, M., Novikova, N., Martinez-de-Oliveira, J., & Guaschino, S. (2002). Facts and myths on recurrent vulvovaginal candidosis—a review on epidemiology, clinical manifestations, diagnosis, pathogenesis and therapy. International journal of STD & AIDS, 13(8), 522-539.
3. Fukazawa, E. I., Witkin, S. S., Robial, R., Vinagre, J. G., Baracat, E. C., & Linhares, I. M. (2019). Influence of recurrent vulvovaginal candidiasis on quality of life issues. Archives of gynecology and obstetrics, 300(3), 647-650.
4. Spence, D. (2010). Candidiasis (vulvovaginal). BMJ clinical evidence, 2010.
5. Pappas, P. G., Rex, J. H., Sobel, J. D., Filler, S. G., Dismukes, W. E., Walsh, T. J., & Edwards, J. E. (2004). Guidelines for treatment of candidiasis. Clinical infectious diseases, 38(2), 161-189.
6. Martinez, R. C. R., Franceschini, S. A., Patta, M. C., Quintana, S. M., Candido, R. C., Ferreira, J. C., … & Reid, G. (2009). Improved treatment of vulvovaginal candidiasis with fluconazole plus probiotic Lactobacillus rhamnosus GR‐1 and Lactobacillus reuteri RC‐14. Letters in applied microbiology, 48(3), 269-274.