La pasta a cena NON fa male

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La diffusa credenza che mangiare pasta a cena possa “fare ingrassare di più” oppure fare addirittura male alla salute non è del tutto fondata, tant’è che anche un recente studio, pubblicato su Diabetes Care, evidenzia alcuni effetti positivi sulla salute rispetto all’assunzione serale di carboidrati di alta qualità, tra i quali la pasta (in particolar modo quella integrale). Analizzando i dati emerge infatti come la loro assunzione potrebbe ridurre i rischi di patologie cardiovascolari, diabete e mortalità (1).

Le calorie all’interno della giornata dovrebbero essere suddivise in modo equo ed è fondato il pensiero che nelle ore serali e notturne siano necessarie meno energie al nostro corpo: il metabolismo basale durante il sonno sembra ridursi di circa il 10% rispetto alle ore diurne (2) e, tendenzialmente, anche le attività motorie sono limitate. Ma, considerando che una porzione da 80 g apporta circa 270 kcal, la pasta non è un alimento di per sé ipercalorico e il suo consumo, se corretto in porzioni e modalità di ricettazione, è un alleato all’interno di un regime alimentare sano e corretto, anche a cena.

La pasta di semola di grano duro

La pasta, come in generale i carboidrati complessi, non fa ingrassare. Il consiglio, oltre a limitare gli zuccheri semplici, è di preferire pasta integrale che, dato il ridotto impatto glicemico, pare associata a una riduzione dell’indice di massa corporea, del rapporto vita-fianchi e a una più bassa prevalenza di sovrappeso e obesità (ne abbiamo parlato anche qui).

In 100 g di pasta di semola di frumento integrale sono presenti: carboidrati complessi (64,8 g), per lo più amidi (56,2 g), proteine  (13,3 g) e fibre (7,1 g) (3).
La cottura “al dente”, apprezzabile sul piano culinario, sembra preferibile anche da un punto di vista nutrizionale. Gli amidi presenti nella pasta cotta “al dente” non sono completamente gelatinizzati e quindi non totalmente digeribili dagli enzimi: ciò rallenta la velocità di assorbimento dei nutrienti e ne riduce l’indice glicemico. [MB5] Inoltre, la pasta di semola di grano duro (integrale e non) sembra avere un indice glicemico ridotto rispetto a formulazioni a base di altre tipologie di farine e cereali (4). Ancora meglio se la scelta ricade su pasta a base di farina integrale, magari accompagnata da un sugo di verdure. Questo permette di ridurre il contenuto di grassi del condimento e migliorare l’apporto di fibre e micronutrienti.

Lo studio

Un recente studio (1) pubblicato su Diabetes Care mette in correlazione la qualità, la quantità e il timing di assunzione tra diverse tipologie di carboidrati, suddivisi in due categorie: carboidrati di alta qualità, come cereali integrali e derivati, legumi, frutta fresca e verdura, e bassa qualità nutrizionale, come succhi di frutta, zuccheri, dolci e prodotti raffinati.

L’analisi è stata eseguita utilizzando i dati del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) condotto tra il 2003 e il 2014; sono stati considerati solo adulti sani non sottoposti a regimi nè iper nè ipocalorici. A seguito dell’esclusione dei soggetti non idonei allo studio i partecipanti coinvolti sono stati 27.623. I dati sono stati raccolti attraverso interviste che hanno indagato il loro consumo di carboidrati (sia di alta che di bassa qualità) e il timing di assunzione delle diverse tipologie di carboidrati. I dati sono stati poi incrociati monitorando lo stato di salute e i censimenti di morte.

A seguito dell’analisi dei dati, i risultati dello studio hanno evidenziato come chi consumasse carboidrati di alta qualità a cena fosse meno propenso al rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, diabete e di mortalità per tutte le cause, al contrario, il consumo di carboidrati di bassa qualità è risultato associato a un maggior rischio di mortalità per tutte le cause.

In particolare, a parità di calorie, sostituire una porzione di carboidrati di bassa qualità a cena con carboidrati di alta qualità ha ridotto i rischi di patologie cardiovascolari del 25% e di mortalità per altre cause del 19%. Infine, nei soggetti diabetici, nonostante l’apporto giornaliero di carboidrati di alta qualità fosse superiore a quello di bassa qualità, il consumo di carboidrati di bassa qualità a cena sembra possa aumentare il rischio di mortalità.

Ulteriori evidenze (5) denotano che la pasta– in particola quella integrale- abbia un elevato potere saziante. Un piatto di pasta può permettere una riduzione del senso di fame, diminuendo il ricorso a dolciumi fuori pasto o spuntini in tarda serata, tendenzialmente caratterizzati da una scarsa qualità nutrizionale.

  1. Hou, W., Han, T., Sun, X., Chen, Y., Xu, J., Wang, Y., … & Sun, C. (2022). Relationship Between Carbohydrate Intake (Quantity, Quality, and Time Eaten) and Mortality (Total, Cardiovascular, and Diabetes): Assessment of 2003–2014 National Health and Nutrition Examination Survey Participants. Diabetes Care.
  2. CREA- Linee Guida per una sana e corretta alimentazione (2018)
  3. CREA- Tabelle di composizione degli alimenti (2019)
  4. Di Pede, G., Dodi, R., Scarpa, C., Brighenti, F., Dall’Asta, M., & Scazzina, F. (2021). Glycemic index values of pasta products: An Overview. Foods10(11), 2541
  5. Cioffi, I., Santarpia, L., Vaccaro, A., Iacone, R., Labruna, G., Marra, M., … & Pasanisi, F. (2016). Whole-grain pasta reduces appetite and meal-induced thermogenesis acutely: a pilot study. Applied Physiology, Nutrition, and Metabolism41(3), 277-283.